Continua questa settimana al Tau Cinema Campus la rassegna cinematografica “Il mondo secondo il cinema del reale” con due film tra i più significativi e inventivi, intensi e politicamente forti che si sono contraddistinti nel panorama del documentario d’autore di questi ultimi anni
Entrambi ci raccontano il dramma delle guerre e il trauma che l’infanzia subisce a causa dei conflitti nel mondo.
Il primo film L’immagine mancante (in programma mercoledì 10 Aprile, h.20.30) del grande regista cambogiano Rithy Pan, ha ottenuto la nomination all’Oscar come miglior film straniero ed è un documentario sullo sterminio del popolo cambogiano da parte del regime di Pol Pot, centrato sui ricordi da bambino del regista che all’epoca aveva solo nove anni all’epoca, e fu l’unico sopravvissuto del vasto nucleo familiare che fu decimato dagli Khmer rossi. Doloroso e bellissimo, girato con un approccio originalissimo, il film è un piccolo capolavoro.
Il secondo film (in programma giovedì 11 Aprile, h.20.30) La Strada dei Samouni di Stefano Savona ci porta nella striscia di Gaza tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009, quando la popolazione fu vittima di uno tra i più violenti attacchi aerei dell’esercito israeliano, e porta la cinepresa ad “abitare” con una famiglia di contadini palestinesi i cui parenti sono stati sterminati dai bombardamenti. Alla luce del dramma che si sta svolgendo nei territori di Gaza il film risulta oggi di grande attualità.
Introducono i film Daniele Dottorini e Bruno Roberti.
L’immagine mancante (Cambogia-Francia, 2013)
Per molti anni il regista Rithy Panh ha cercato una fotografia scattata tra il 1975 e il 1979, periodo in cui in Cambogia detenevano il potere i Khmer Rossi. Convinto che una fotografia, nonostante non sia la prova concreta di un omicidio di massa, permetta di pensare a molte cose, di meditare e di riscrivere la Storia, l’ha ricercata invano negli archivi, tra vecchi documenti e nelle campagne della Cambogia, arrivando alla conclusione che sia andata persa. Ha deciso così di ricorrere al cinema restituendo non uno scatto o la ricerca di una sola fotografia ma l’immagine di una ricerca.Il film di Rithy Panh è un gesto intimo scioccante, una continua ricerca sull’etica dell’immagine, un saggio d’ecologia morale sulle rappresentazioni che producono la Storia.
“Da anni, cerco un’immagine mancante. Una fotografia scattata tra il 1975 e il 1979 dai Khmer Rossi, quando governavano la Cambogia. […] L’ho cercata invano negli archivi, nei giornali, nelle campagne del mio paese. Ora lo so: questa immagine manca […] allora la creo io. Quello che oggi vi offro non è un’immagine, o la ricerca di una sola immagine, ma l’immagine di una ricerca, quella che consente il cinema. Alcune immagini dovrebbero sempre mancare, sempre essere rimpiazzate da altre: in questo movimento c’è la vita, la lotta, il dolore e la bellezza, la tristezza dei volti perduti, la comprensione di ciò che è stato, a volte la nobiltà, e anche il coraggio: ma l’oblio, mai”. Ed è in queste parole, del regista stesso, che si trova tutta la forza del documentario. Per analogia in mente Primo Levi e i suoi capolavori a proposito della Shoah. “Da anni, cerco un’immagine mancante. Una fotografia scattata tra il 1975 e il 1979 dai Khmer Rossi, quando governavano la Cambogia. […] L’ho cercata invano negli archivi, nei giornali, nelle campagne del mio paese. Ora lo so: questa immagine manca […] allora la creo io. Quello che oggi vi offro non è un’immagine, o la ricerca di una sola immagine, ma l’immagine di una ricerca, quella che consente il cinema. Alcune immagini dovrebbero sempre mancare, sempre essere rimpiazzate da altre: in questo movimento c’è la vita, la lotta, il dolore e la bellezza, la tristezza dei volti perduti, la comprensione di ciò che è stato, a volte la nobiltà, e anche il coraggio: ma l’oblio, mai”. (Rithy Pan)
La Strada dei Samouni (Italia/Francia, 2018) di Stefano Savona
Nella periferia rurale di Gaza City una piccola comunità di contadini, la famiglia Samouni, si appresta a celebrare un matrimonio, la prima festa dopo la fine della guerra. Amal, Fouad, i fratelli e cugini hanno perso i loro parenti, le loro case. Il quartiere adesso è in fase di ricostruzione, si piantano gli ulivi e si lavora ai campi distrutti dai bombardamenti ma il compito più difficile è un altro: ricostruire le loro memorie.
Da quando la piccola Amal è tornata nel suo quartiere, ricorda solo un grande albero che non c’è più. Un sicomoro su cui lei e i suoi fratelli si arrampicavano. Si ricorda di quando portava il caffè a suo padre nel frutteto. Dopo è arrivata la guerra. Amal e i suoi fratelli hanno perso tutto. Sono figli della famiglia Samouni, dei contadini che abitano alla periferia della città di Gaza. È passato un anno da quando hanno sepolto i loro morti. Ora devono ricominciare a guardare al futuro, ricostruendo le loro case, il loro quartiere, la loro memoria. Sul filo dei ricordi, immagini reali e racconto animato (le splendide animazioni grafiche sono di Simone Massi) si alternano a disegnare un ritratto di famiglia prima, dopo e durante i tragici avvenimenti che hanno stravolto le loro vite in quel gennaio del 2009, quando, durante l’operazione ‘Piombo fuso’, vengono massacrati ventinove membri della famiglia.
Premio ‘L’Œil d’Or’ al Festival di Cannes 2018 per il Miglior documentario.
“Un film di straziante potere emotivo” (Paolo Mereghetti)
Per partecipare agli incontri ad ingresso libero è necessario prenotarsi alla mail prenotazioni_cams@unical.it.