Scioglimento per mafia del Comune, RendeSì: “La società civile non può stare a guardare”

Pierpaolo Iantorno di RendeSì: i partiti non facciano finta ora di essere estranei a vicende e dinamiche delle amministrazioni Manna

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Pierpaolo Iantorno di RendeSì: i partiti non facciano finta ora di essere estranei a vicende e dinamiche delle amministrazioni Manna

L’attesa è terminata, la notizia, scontata, è giunta finalmente. Nessuna sorpresa, fortunatamente vane le ingerenze, giusto così.

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Il tempo era scaduto, le campane a morto erano suonate, il funerale, pure quest’ultimo atto, è stato consumato. Il tutto, ovviamente, in maniera ignobile.

Eppure, le aspettative erano altissime e le premesse diametralmente opposte a tutto quanto si è verificato. Il sindaco, con la s minuscola, supportato fino all’ultimo respiro dalla sua maggioranza, variabile nel colore e nel tempo, è riuscito in una impresa epica, speriamo irripetibile, ossia quella di far iscrivere Rende all’albo dei comuni sciolti per mafia, sì per mafia. Proprio così la nostra bella città, la più moderna e progredita della Calabria, sede del campus universitario più grande d’Italia, sciolta perché infiltrata e inquinata di mafiosità.

Nonostante ce ne fossimo convinti strada facendo e resi consapevoli, un turbinio di emozioni e sentimenti ci ha assaliti all’ufficialità e ancor oggi domina i nostri pensieri: delusione, dolore, amarezza, rabbia, tristezza, vergogna, infamia, ma pure tanta, tanta speranza e voglia di rivalsa a patto che si faccia chiarezza nella società civile e nella classe politica rendese da che parte stare.

Innanzitutto, l’aver voluto a tutti i costi rimanere in sella per evidenti benefici di parte ha causato alla città ed all’intera comunità rendese un danno irreparabile e inestimabile, tangibile e intangibile, una macchia indelebile per la nostra storia. In questo senso, chiare, limpide e cristalline sono le responsabilità di sindaco, giunta e, soprattutto, maggioranza consiliare che, a vario titolo e trasversale supporto partitico, hanno ostinatamente difeso la propria postazione a scapito della città e della comunità ed a dispetto del ruolo cui essi stessi erano stati chiamati dal popolo.

Poi i partiti, tutti o quasi, non facciano finta ora di essere estranei a vicende e dinamiche delle amministrazioni Manna, non pensino questi stessi partiti di scaricare sul civismo manniano le responsabilità di un fallimento condiviso, questo sì, e presentarsi ora a dettare tempi, modi e pure nomi per le prossime elezioni amministrative.

Altrettanto vero che i problemi provengono da più lontano – la prima nomination risale al 2013 – e che anche noi abbiamo le nostre responsabilità che dobbiamo ammettere se vogliamo effettivamente cambiare il verso delle cose e ricostruire un tessuto sociopolitico solido, capace di superare la drammaticità dell’attuale situazione, affrontare e risolvere la questione etica e morale, ripristinare la fiducia nelle istituzioni e offrire una proposta amministrativa fondata su valori e obiettivi condivisi.

È finito altresì il tempo dei primati e delle primogeniture, dell’individualismo e del protagonismo divisivo, di schemi e logiche che hanno determinato un decennio di degrado e declino culminato nello scioglimento mai conosciuto prima nella storia della nostra città – l’oscar è arrivato nel 2023 ma trame e attori sono gli stessi.

Adesso è il tempo invece della riflessione critica e della reazione collettiva di una comunità sana in grado di discernere il bianco dal nero, respingere il grigio – l’aspetto dominante della coesistenza spesso connivenza con il malaffare e il malcostume, di certo quello più preoccupante – e così riprendere il cammino nella riaffermazione dei principi di diritto e legalità e nella intercettazione della nuova traiettoria di sviluppo civile, sociale ed economico.

È ancor di più il tempo dell’amore che non dobbiamo dichiarare solo a parole ma dimostrare con i fatti ed i comportamenti concreti e la società civile non può più permettersi di stare a guardare.

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