Professore, perché ha accettato la proposta di Conte di candidarsi alle Europee?
Ho pensato che le mie competenze di economista e la mia esperienza di Presidente dell’INPS possano essere utili per costruire l’Europa del Welfare.
Non possiamo e non dobbiamo rassegnarci all’Europa della moneta e della finanza. Abbiamo bisogno di un’Europa sociale che sia amica dei cittadini europei, soprattutto di quelli che hanno maggiori difficoltà.
Il Governo parla di un’economia in crescita, mentre i dati del che emergono dal rapporto annuale ISTAT certificano che la povertà assoluta in Italia ha raggiunto il livelli più alti del 2014. Chi ha ragione?
I dati dell’ISTAT sono freddi e implacabili. L’attuale governo non ha messo in campo alcuna misura strutturale per fronteggiare la crisi e creare le condizioni per la ripresa. Anzi si è distinto per la cancellazione del reddito di cittadinanza, unico e vero strumento che ha consentito a oltre un milione di poveri di uscire dalla povertà.
Oggi molte di queste persone rischiano di essere risucchiate nel limbo del disagio governato dalla mafia e dalla criminalità organizzata. Il modello che emerge dalla sciagurata autonomia differenziata rende le prospettive ancora più fosche per il nostro Sud.
Lei propone Il reddito di cittadinanza europeo. Può essere la soluzione alla crisi che attanaglia il continente?
In Italia il reddito ha funzionato e andava rafforzato. In Europa le aree depresse sono facile preda delle destre xenofobe e razziste che soffiano sul fuoco del disagio economico e della rabbia sociale.
E’ evidente che il reddito va accompagnato da altre politiche come, ad esempio, l’applicazione di una tassa unica europea sul capitale che contrasti il dumping tra paesi.
Nel complesso occorre rivedere il Patto di stabilità, promuovere la transizione ecologica e digitale, mettere in campo un piano industriale europeo. Dobbiamo superare le politiche di austerity che hanno fin qui perseguito i falchi di Berlino e di Bruxelles.
Perché la parola pace nel simbolo dei 5 stelle?
La pace è la nostra priorità. Per noi la parola pace significa fermare la rincorsa alle spese e agli investimenti in armi. Non c’è progresso, non c’è libertà se non c’è pace.
In questi giorni i suoi giri elettorali la portano a Cosenza e a Rende. Come ben sa l’area urbana in questo momento sta dibattendo una questione molto sentita, cioè la proposta di fusione Cosenza- Rende – Castrolibero. E’ d’obbligo chiederle un’ opinione.
L’area urbana cosentina con la sua Università è certamente una delle aree più attraenti e interessanti del Mezzogiorno. La necessità di unire servizi e governare investimenti in una logica di area vasta non è più prorogabile.
Tuttavia, anche io, al pari del gruppo regionale del Movimento 5 stelle, resto molto perplesso rispetto alla procedura avviata dalla Regione per unire le tre municipalità.
Un’operazione di questo livello presuppone il coinvolgimento effettivo delle municipalità esistenti, delle forze politiche, sociali, produttive, dei cittadini.
Non si possono accorpare realtà cosi significative con un atto di prepotenza istituzionale che crea un vulnus democratico e introduce un pericoloso precedente procedurale.